Gen 22, 2020

I topi corrono

Finalmente posso dare un valore autentico alla parola “topaia”.

Racconti del terrore

La sapete la storia del Pifferaio Magico, no? Ingaggiato dalla città di Hamelin per cacciare i topi che appestano le case, un pifferaio attira i roditori con la sua musica zufolosa fuori dalle mura e li induce all’annegamento. Solo che, dopo il successo di questa operazione ecologica di massimo livello, non viene pagato come pattuito e, con gran senso della misura, usa lo stesso metodo per annegare tutti i bambini del villaggio.

Credevo non si potesse inventare una storia sui topi più spaventosa di questa, ma mi sbagliavo. Oh, se mi sbagliavo.

L’una di fronte all’altra, una collega e io siamo rannicchiate attorno al radiatore portatile nell’ufficio piccolo, così che la scena sembrava un racconto del terrore intorno al fuoco.

«Quando mia sorella era all’università, le intercapedini dell’areazione del suo dormitorio erano infestate dai topi. Li sentiva correre, notte e giorno. E ogni tanto… TUMP!» Fa, sbattendo la mano sulla scrivania.
Io sobbalzo.
«E cos’era quel rumore?» Mormoro, con le mani protese sulla fonte di calore.
«Oh, niente: ogni tanto, saltando, cadevano.»

Sopra la mia testa

Pochi giorni dopo, sto facendo colazione. Sento dei piccoli passetti unghiati correre. Come un chihuahua che galoppa sulle piastrelle.
Silenzio.
Reggo tra le mani la tazza fumante e ripiombo in quel racconto. Sono davvero così suggestionabile? Tendo l’orecchio. Stesso rumore, come un arco sonoro sopra la mia testa. Lo sgomento avanza, specialmente perché sopra la mia testa c’è la mia camera.

Ritorno dopo qualche ora in cucina, e la corsa continua, stavolta arricchita da garruli squiiiit squiiit che mi tolgono ogni dubbio. Un concerto di stridii e piedini che me li vedo cantare in girotondo. Ok, non posso sbagliarmi. In casa ci sono i sono i topi.
Il prossimo passo è convincere il padrone di casa.

Breve descrizione del padrone di casa

Cino-britannico, boxeur, alto come un Funko Pop: testa di Voldemort, corpo di Hulk. Maniaco della cucina, pieno di ricette, utensili, elettrodomestici bizzarri e cibi misteriosi. Dalle otto di sera in poi si blinda in cucina, dove rimane fino a tarda notte. Ha un macchinario che cuoce e stufa a temperatura controllata per giorni, così dalla cucina esce di continuo un odore nauseabondo che forse mi aspetterei dal rutto di una iena.

Quando gli parli, ti guarda con un’espressione di apertura e interesse, l’equivalente visivo di “E dilla, dilla sta vaccata!”

I topi corrono

Lo sento armeggiare con i suoi pentolini malefici. Sono quasi le dodici, è l’ora della sua colazione/merenda/spuntino dei campioni a base di banane e grassi di varia natura. È sveglio già da un’oretta.

«Posso chiederti una cosa?»
«Sì.»
«Forse me lo immagino ma… a me sembra di sentir correre e squittire tra le pareti… non è che per caso… ci sono i topi?»
«No!» Mi fulmina, infastidito.
«…»
«Non squittiscono. Corrono soltanto!»

Sono senza parole, in balia della visione di lui, indaffarato a subaffittare ai topi, però zitti, eh! Non squittite: correte soltanto!

«Ma quindi… ci sono?»
«Sì!» Replica, entusiasta all’idea che non abbia approfondito la storia degli squittii. «Corrono nelle intercapedini, tra le pareti (mima un inquietante movimento verticale), ma tranquilla: non possono entrare in camera tua! Possono calarsi dal soffitto – non chiedermi come, AH AH! – ma in camera tua no!»

Me lo immagino nell’intercapedine, con la lampada frontale in testa e i ratti intorno a semicerchio: potete andare dove volete, ma in camera sua no!

 

Il buco nero

Ho vissuto così per qualche mese, cercando di ignorare i chiacchiericci dietro al mio guardaroba e ripetendomi che non potevano raggiungermi, fino a quando il mio ragazzo, aprendo la porta del bagno al piano terra, si è trovato faccia a faccia con un topo. Ed effettivamente va detto che il topo non squittiva: correva soltanto.
Informato del fatto e ancora tutto assonnato come un cucciolo per essere stato svegliato a un’ora inverosimile – le otto del mattino – il mio padrone di casa spiega:
«C’è un buco dietro al water. Deve essere entrato da là.» Sbuffa. Poi, come se ci stesse facendo un favore, aggiunge: «Più tardi lo chiudo.»

La chiusura del buco dev’essere stata molto attenta e professionale, perché la mattina dopo il topo era ancora lì, a sgranocchiare il tappeto intorno al gabinetto (che bella idea, un tappeto intorno al gabinetto).
Il padrone di casa non ha più alternative e promette di occuparsene. In effetti, ci arriva una foto di un contenitore in cui di solito mette il cibo, con dentro un piccolo topino spaurito. Il padrone di casa ha preso la bici e l’ha liberato in un parco. Per fortuna tutto è finito bene.

 

∼FINE∼

Ci ho visto mettere del pane, in quel contenitore.

E invece no.

I topi vivono in colonie, quindi dopo il primo sorcetto ne sono arrivati altri. Siamo invasi.
Il padrone di casa ogni tanto ne trova uno e ci manda la foto, tutto contento. Una volta sono tra i ricambi del mocio, un’altra sulla soffice carta igienica di scorta… tutte belle immagini che spalancano una finestra sul colera. Tra l’altro è convinto che per confonderli basti mettere il cibo ovunque tranne che sul pavimento: ce l’ha spiegato mentre buttava via un sacchetto di semolino smangiucchiato che teneva per terra – chi non lo fa, dai, il semolino si conserva un po’ come la malta, in cantina.
Continua quindi a tenere il suo cibo in bella vista: savoiardi, clementine, funghi secchi, cereali, quel sacco misterioso che sembra contenere il cadavere essiccato di una volpe.

Ci sono dei lati positivi: finalmente posso dare un valore autentico e corposo alla parola “topaia”, senza contare che sto imparando pietre miliari dell’etologia, tipo: i topi molto piccoli entrano in buchini dove a malapena filtra la luce e sanno saltare veramente in alto.

La vita non è un film

Mentre cenavamo inorriditi tra gli squittii, ieri ho spiegato al mio ragazzo la mia teoria. Siamo in una situazione à la Ratatouille: i topi manovrano il padrone di casa quando cucina.
Presento le prove: ha deliberatamente lasciato un buco aperto sotto al water, per farli passare indisturbati. Ha cercato di convincermi che non squittissero e devo ancora capire perché, quindi andiamo alle prossime prove: si chiude a cucinare senza nessuno attorno, in modo che nessuno veda che in realtà sono i topi, la mente delle sue ricette. Quando gli ho chiesto se andasse a liberare il topo, mi ha risposto seccato che era una femmina. Questo prova che li conosce uno ad uno e ha con loro un legame emotivo.

Che poi, la vita non è un film della Pixar. Lì il topo cuoco non era mica di Londra, ma qui non possono che cucinare male. Si spiega finalmente con logica anche l’odore di morte che esce dalle pentole: andiamo, quale essere umano cucinerebbe in questo modo di sua spontanea volontà?

La vita è una storia sui topi

Il mio ragazzo mi lascia parlare. Poi mi mostra le porte rosicchiate. La scia di segatura non va verso la cucina, ma nella direzione opposta. Abbiamo gli unici topi al mondo che invece di cercare di entrare cucina, stanno cercando di scappare.

Solo allora ho realizzato di stare vivendo nella storia sui topi più spaventosa di sempre: il mio padrone di casa è il pifferaio magico al contrario. Invece di attirarli con la sua musica, li fa scappare con la sua cucina. E, come bambini tedeschi del Medioevo, sta facendo scappare anche noi, che finalmente capiamo perché, ogni volta che prepara lo stufato, sentiamo l’ancestrale desiderio di annegare nel Tamigi.