Una splendida giornata
Londra è raggiante questa mattina. Nove gradi, nebbia minima e umidità sostenibile: posso andare al lavoro in autobus e non a nuoto.
Ed è proprio su un autobus, che mi trovo. Con l’entusiasmo che solo un bambino delle scuole elementari private può eguagliare, mi accaparro il posto davanti al piano superiore, per godere meglio dello spettacolo del traffico. Dopo quasi un anno nel Regno Unito, infatti, mi diverto ancora a terrorizzare me stessa con la percezione che stiano tutti andando contromano.

Scoppio della crisi diplomatica e fallimento della Cina
Sto per dire mentalmente addio a una vecchietta che attraversa fuori dalle strisce quando capto una discussione al piano inferiore. L’autista spiega con garbo a una persona che, se non ha intenzione di fare il biglietto, non può salire sull’autobus. La risposta è un’esplosione di violenza verbale che raggela i presenti. Mi hanno spiegato più volte che episodi del genere sono tutto fuorché rari, ma per una paesanella come me si tratta della prima volta. Il nuovo arrivato si mette a urlare come un ossesso e, con termini rastafariani gettati qua e là (che, senza accento giamaicano a sostenerlo, gli danno un che di grottesco), promette di uccidere il conducente. Quando qualcuno gli chiede di abbassare i toni, si dichiara pronto ad ammazzare chiunque si trovi nella vettura.
«Per favore…» Azzarda ancora un passeggero.
«Stai zitto! E se chiami Babilonia ti ammazzo!»
“Babilonia” vuol dire in questo caso “polizia”. Quanta cultura mi sto facendo oggi!
Si sente ancora una debole voce, proveniente da un’altra fonte.
«Non stavo parlando con te, stavo parlando con il cinese!»
È così che al secondo piano scopriamo che la diplomazia cinese ha fallito.
Il tentativo africano
Decide di provarci il delegato africano. Cauta fiducia dei presenti: si tratta di un signore adorabile, che dice sempre “dopo di Lei!”, insistendo con il suo sorrisone, come si può dire di no a quest’uomo? Impossibile!
Scende le scale con ottimismo. Le risale dopo un paio di minuti. Scuote la testa e allarga le braccia.
«La situazione è proprio tragica. Ho provato a farlo ragionare, ma non ci si può nemmeno avvicinare.»
Dice, con il suo consueto, placido sorriso. Sarà lo shock, ma sembra di vedergli intorno una sbirluccicosa aura di santità.
L’intervento del Regno Unito
La pace tra le Nazioni continua a incrinarsi in questo bus carico di immigrati grossolani, finché, dal nulla, una persona che finora era stata in silenzio ora interviene a risolvere un pasticcio mal creato e mal gestito: la diplomatica londinese a denominazione di origine sovranista, la signora di mezza età che reagisce a ogni cosa con indignazione preventiva, quella che in borsa ha una bandiera del Regno Unito con l’asta retrattile da conficcare al suolo in caso di invasione improvvisa, da parte degli altri ma più spesso da parte sua. Con lei la Brexit in un pomeriggio sarebbe risolta. Percorre dal fondo il piano superiore, scende le scale dell’autobus con decisione e ignorando totalmente l’aggressività spaventosa del criminale comincia:
«Mio caro signore, noi qui dobbiamo andare al lavoro quindi la smetta subito, per favore!»
«Stai zitta, maledetta donna, uccido anche te, uccido tutti!»
«Mio caro signore! MIO CARO SIGNORE!» Rilancia lei, gridando, come se quella frase fosse una pistola per stordire le vacche.
«Ti uccido a pugni!»
Non capendo come mai la sua cortese richiesta sia stata respinta da un uomo in apparenza così equilibrato e ragionevole, la signora risale le scale pestando i piedi e chiama la polizia.
Chiusura dei negoziati
È il segno che i negoziati sono finiti.
«Pronto? Sì, sono sulla 199, dovete venire subito! Un gentiluomo… diciamo così, ma non serve che vi dica che non è un gentiluomo… si rifiuta di far ripartire l’autobus!»
Incidentalmente ci starebbe anche minacciando di morte, signora, ma presenti pure le priorità come crede.
«Com’è fatto? Sui cinquanta… Nero, ovviamente!»
A questo punto, il congresso dura già da sei, sette minuti, che secondo l’unità di misura del tempo di Londra sono diciotto ore, quindi siamo stanchi e provati. Consci del pericolo, tutti prendiamo i cellulari e scriviamo un messaggio alla persona più importante della nostra vita: il datore di lavoro, per dire che forse arriveremo tardi. Ci lasciamo un po’ di speranza di puntualità, per tenere alto l’animo.
La polizia arriverà? Chi può dirlo: da come la signora ha descritto la situazione, il caro signore sta facendo i capricci. Per fortuna, l’uomo deve aver sentito che è stata chiamata Babilonia, così, con la stessa fermezza con cui poco prima si rifiutava di uscire, ora desidera tantissimo guadagnare la libertà – e l’autista è ben felice di accontentarlo.
Finalmente posso vederlo, ora che è fuori dall’autobus: un uomo vestito come il membro di una boyband anni Novanta a cui hanno accollato il ruolo del rapper, ma che in realtà è figlio di un pastore evangelico. Grazie alla descrizione dettagliata della signora, è facile che non lo troveranno mai, se non tra circa quindici anni, quando ne avrà effettivamente cinquanta.
L’autista approfitta del buon momento, chiude le porte e sgomma alla fermata successiva.
La Brexit e il bus
Una volta al capolinea, il signore africano ed io andiamo dall’autista, per chiedergli come stia.
«Stavo solo facendo il mio lavoro…» Dice, aprendo un pertugio della porta antisfondamento.
A me si spezza il cuore solo a pensare che si scusi per un comportamento esemplare. Gli dico che mi dispiace molto dell’accaduto.
«Grazie, tesoro!», mi risponde con forte accento dell’Europa dell’Est.
Il signore africano gli lascia i suoi dati, nel caso le forze dell’ordine, dopo aver visionato i filmati delle telecamere di sicurezza, vogliano ulteriori chiarimenti.
La delegazione degli immigrati si scioglie. Ci salutiamo convenendo che abitiamo in una città difficile.
La signora che ha chiamato la polizia è sparita. D’altra parte, il motivo della sua ribellione era la fretta. Alla fine della corsa, non si è più preoccupata di sapere come stesse la persona che si è rifiutata di piegarsi, per un lavoro di quattro spicci.
Allora penso che è questa l’essenza (o, più che altro, l’assenza) della Brexit: una signora che non tollera ostacoli tra sé e la sua fonte di guadagno, evita di avere a che fare con gli altri se non è strettamente necessario ai suoi scopi e non vede l’ora di scendere dall’autobus – dimenticando, ingenuamente, che dovrà riprenderlo il giorno dopo, alla stessa ora, con le stesse persone.
D’istinto, controllo l’orologio. E mi rendo conto dell’immensa fortuna che ho avuto oggi: c’è ancora un sacco di tempo, arriverò a lavoro in perfetto orario!