Gen 18, 2009

Un vicino perfecto

Quando vuoi vendere negli USA, fai finta che tutti siano italiani ma non scritturarne nessuno!

Eccoci al secondo appuntamento con Barilla infinocchia gli Stati Uniti, per cui, ricordo, vale il modello procedurale già noto:

se un uomo italiano non compra neanche il the liofilizzato se non glielo presenta una ragazza in sottoveste, forse anche la donna americana sarà più propensa a mettere nel carrellone un chilo di spaghetti, se ci mettiamo vicino un Italian Stallion. E, siccome “O sole mio” ormai evoca trattorie e saghe familiari poco glamour, si condisce il tutto con un bel gorgheggio di Andrea Bocelli.

Orbene, si ammiri il secondo tentativo, new and improved, il metodo applicato alla massima potenza.

Siamo in Italia, nuova immagine, ragazzi, basta con queste piazzette striminzite e umide piene di malviventi, diamo spazio ai cento acri in campagna e alla collina che fa provincia con su il castello patrimonio dell’Unesco, facciamo arrivare la zia su un cinquemila benzina!

Ma non basta ancora, serve la mossa strizzacuore, bisogna farle innamorare, queste americane svezzate a bacon: e cosa c’è di meglio di un italiano giovane, sorridente e che gioca a mosca cieca con i bambini (col fazzoletto di Farnesi, tra l’altro)? Ve lo dico io: niente.
La zia non saluta neanche il cognato, non gliene importa nulla di quell’insignificante occhialuto ometto, si fissa lussuriosa sull’uomo misterioso: «quello chi è?!» la sorella, che non vede l’ora di accasare la nuova venuta, le risponde con complicità «Un vicino, i bambini lo adorano!» Cioè, non so se capite: glielo presenta come un prodotto, come dire che fa venti chilometri con un litro, che è garantito a vita, che fredda lo sporco e accarezza i colori.
Il vicino sorride come se sapesse di essere in vetrina. O come se non capisse niente, fate voi.

Seconda location: le sorelle cucinano insieme, è il momento di vendere il vendibile alle signore oltreoceano, ancora stordite dall’italian stallion di oggi. Oggi si smercia «Barilla Plus», cosa che fa esclamare di ammirazione la sorella minore: «sei proprio una buona madre!». Posto che, se basta saper cuocere gli spaghetti, confesso di essere un’ottima madre anch’io, se leggiamo la confezione, scopriamo che il plus sta nel fatto che la pasta è arricchita di cose che di norma non ci sarebbero, tra cui le proteine. Ottima idea, tra l’altro; se c’era una cosa che mancava agli americani erano le proteine. Farei una versione allo zucchero semolato e una allo strutto, proprio per essere in una botte di ferro.

Scena finale. La buona madre scola degli spaghettacci collosi e li ficca in un piatto a litigare con delle ombre di pomodoro qua e là, una tristezza che non mette fame a nessuno, tranne che alla voce fuori campo che la ritiene «un modo nutriente per un pasto delizioso»: siamo alle menzogne spudorate. La sorella minore, dal canto suo, è ai limiti della venerazione morbosa, col suo convintissimo: «Ancora una volta un pasto perfetto!».
E’ il momento buono per inserire nuovamente il vicino, che è stato invitato a pranzo per ricordare quanto siano boni questi italiani e come li si raccatti ovunque in campagna, è tempo di farlo parlare, di fargli fare l’affascinante dotato di spirito; e così, facciamogli dire «sì, perfetto», è così semplice che non può sbagliare.

E qui si scopre l’inganno. Non è italiano, ma neanche per sbaglio.
Non solo la pasta che si suppone che l’Italia abbia scelto da noi non esiste, ma pure il vicino è stato importato!

Ovviamente ciò non tange le ignare signorine che commentano il video su YouTube, eccitate come cinghiali nel sentire il suo «accento tipico italiano», pronte a chiedere un permesso di soggiorno e a deglutire pallidi lombrichi di farina pur di trovarsi faccia a faccia con il vicino che, a detta loro, è meraviglioso mentre dice «sì, perfecto» tipica parola italiana, ricordo, seconda in popolarità solo ad arriba arriba. Per pena, citerei ancora quello che afferma, con sicurezza da uomo di mondo, che quell’uomo è molto noto in Italia. Ero al mercato anche quel giorno, non c’è altra spiegazione.

Per le potenziali migratrici dagli States, infine, un suggerimento tattico. Essendo la casa della famiglia di questo spot ubicata su una collina solitaria, che ha come massima rappresentanza di creature viventi una mezza dozzina di cipressi, tenderei a considerare in senso lato il termine “vicino” con un più pragmatico “amante giovane della sorella” o, a voler essere in buona fede, “latitante nascosto nei boschi”. Ma che ve lo dico a fare, questa è l’Italia.
Se non era l’uno, era l’altro.