Gen 13, 2009

Che poi è un dovere civico

Quella volta che Roberto Farnesi è stato ingaggiato per vendere tortellini duri agli americani.

Esportare prodotti italiani all’estero, con l’aiuto di uno spot, è veramente molto semplice.

Prendete l’esempio Barilla e gli Stati Uniti.
I pubblicitari che se ne occupano, da sempre, hanno una missione: far presa sulle donne americane, far comprare loro la pasta invece delle ciambelle imburrate; non pensate sia cosa da poco, non è per niente facile.
Così, si esporta prima di tutto il metodo: se un uomo italiano non compra neanche il the liofilizzato se non glielo presenta una pulzella in sottoveste, forse anche la donna americana sarà più propensa a mettere nel carrellone un chilo di spaghetti, se ci mettiamo vicino un Italian Stallion. E, siccome “O sole mio” ormai evoca trattorie e saghe familiari poco glamour, si condisce il tutto con un bel gorgheggio di Andrea Bocelli.

Tenendo questo piano d’azione bene a mente, s’è dato vita ad una serie di spot che, visti da un italiano, sono splendidamente comici.
Mi divertirò a esaminarne qualcuno, qua e là nei prossimi post, ma nonostante ci sia l’imbarazzo della scelta il mio preferito resta questo:

Siamo in Italia, quindi mercato della verdura in piazzette cesellate tra i portici, verdurai panciuti e pedoni anziani. Ma attenzione, c’è la nostra esca: Roberto Farnesi.
Lui è l’italiano avvenente su cui l’azienda sta puntando tutto.
Ditemi voi.

Come ogni italiano che si rispetti, col suo maglione disimpegnato sta facendo mercimonio di cavoli con contrattazioni complesse e gestualità del rapper che mima rispetto, che perpetua mentre cammina all’indietro: una vasca a dorso senza nessun apparente motivo.
In realtà, con la regia di un daino bendato, si vuole ricreare l’incontro-scontro romantico (che, viste le dimensioni della piazza, più che destino era logica) con la turista americana, che noi, scaltre cutrettole, sappiamo essere la raffigurazione ideale della nostra preda, che sfodera un sorriso a tutto mento e si scusa nella sua lingua (sforzarsi mai, eh), già innamorata dell’aitante uomo mediterraneo; lui, perfettamente calato nella parte, regala la sua ammiccata da derelitto, che l’ha reso irresistibile in “Carabinieri … ” (mettete voi il numero, anche a caso), scusandosi a sua volta nella sua lingua, il farnese (sforzarsi mai, eh).

Colpo di scena, (la tensione nervosa sul suo destino stava compromettendo milioni di valvole mitraliche), non solo è prestante, verduroso e ben disposto, è anche uno Chef.
Uno Chef in lutto, presumo, almeno sarebbe una ragione per quel pigiama di flanella grigio che indossa insieme a quel fazzoletto gessato color smog in zona industriale ovest.
Dalla sua cucina fiammeggiante come l’inferno si vede misteriosamente tutto il ristorante, a un tavolo del quale ridacchia spensierata la turista che egli tanto brillantemente aveva ammaliato qualche ora prima. Ispirato da questa visione, corre a prendere il necessario per il suo piatto migliore: i tortelloni secchi con ripieno di ricotta e spinaci, i tortelloni che si cuociono in sedici ore, i tortelloni che se li scoli quando te lo dice la confezione, al posto del ripieno ci trovi la polvere. Se questo è il concetto di Chef, siamo messi benissimo. Ma dai, trovati un topo anche tu e fatti insegnare a stendere un po’ di pasta.

Ad ogni modo, il cuoco fasullo in pigiama ci tiene a portare personalmente alla signorina trenta chili di tortelloni (si saranno moltiplicati come le cellule nel pentolone, pure i miracoli, fa) e glielo porge, ignorando del tutto il fatto che lei non li avesse chiesti.
E non hanno chiesto qualcosa nemmeno a noi, giacché apprendiamo con orrore che «Barilla Tortellini» sono «The Choice Of Italy».

Ma che iella, si vede che quando c’era il referendum per scegliere i tortellini era giorno di mercato e tra un’indivia e un cavolo mi son scordato di andare al seggio.